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Da un batterio marino dell’Antartico la nuova cura contro il tumore al polmone

 

 

Da un batterio marino dell’Antartico la nuova cura contro il tumore al polmone

 
Redazione Tiscali
 

Una molecola prodotta da un batterio marino antartico è in grado di sopprimere selettivamente alcune cellule del tumore al polmone. E' la nuova prospettiva di cura aperta da una ricerca della Stazione Zoologica Anton Dohrn e dell'Università Federico II di Napoli. Nel dipartimento di Scienze Chimiche della prestigiosa università sono da tempo in corso studi di eco-biologia molecolare di batteri isolati nelle regioni marine dell'Antartide che hanno portato alla caratterizzazione di alcuni metaboliti di notevole interesse in applicazioni terapeutiche. Partendo da queste premesse è stato sviluppato un progetto di ricerca italo-danese i cui risultati sono stati pubblicati il 19 gennaio 2018 dalla rivista Nature Scientific Reports.

 

Causa la morte delle cellule tumorali maligne

Il progetto, coordinato dalla professoressa Maria Luisa Tutino, del Dipartimento di Scienze Chimiche della Federico II, e dalla dottoressa Giovanna Romano, della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, ha condotto all'identificazione di una molecola prodotta dal batterio marino antartico Pseudoalteromonas haloplanktis TAC125, è in grado di sopprimere selettivamente cellule tumorali A549, modello della forma molto aggressiva di tumore del polmone detta "non a piccole cellule", senza interferire con la sopravvivenza delle cellule sane.

 

"Ora un nuovo farmaco per la cura del tumore"

“Siamo arrivati a un importante risultato dopo anni di studio, ci auguriamo che i dati raccolti possano essere utilizzati per studi clinici successivi al fine dell'individuazione di un nuovo farmaco per la cura del tumore al polmone - afferma Romano -. Il passaggio dalla biologia alla medicina è adesso indispensabile per giungere a risultati concreti”.

Una molecola efficace ma minimamente tossica

Il gruppo di lavoro, con le giovani ricercatrici Filomena Sannino e Clementina Sansone, ha dimostrato che questa capacità è legata alla attivazione, solo nelle cellule tumorali, di uno specifico percorso di morte cellulare detto "piroptosi". La scoperta di questa molecola, l'acido 4-idrossibenzoico, già impiegato nell'alimentazione umana, apre nuovi scenari allo sviluppo di terapie innovative, più efficaci e minimamente tossiche per il paziente, per poter debellare anche altre tipologie di cancro. “Abbiamo studiato l'effetto su cellule tumorali che derivano da un calcinoma polmonare, tumore molto aggressivo per combattere il quale al momento ci sono pochissimi strumenti”.

Riferimenti
Massimo Parravicini

Maculopatie, inizia il mese della prevenzione: visite gratis in 20 centri italiani

I due specialisti, direttore scientifico del Centro ambrosiano oftalmico il primo, direttore della Clinica oculistica del San Raffaele di Milano il secondo, sono riusciti nell’impresa “titanica” di organizzare una rete di venti centri oculistici, sparsi su tutto il territorio nazionale, disponibili a erogare visite gratuite ai cittadini over 50.

La campagna ha ricevuto il patrocinio del Ministero della Salute, della Società Oftalmologica Italiana (SOI) e del Comune di Milano.

Il Mese della Prevenzione prende dunque il via lunedì 29 gennaio per concludersi venerdì 23 febbraio 2018. Gli specialisti saranno a disposizione per una visita grazie alla quale sarà possibile diagnosticare la presenza di qualsiasi forma di maculopatia, ed eventualmente suggerire le opportune terapie.

La Campagna è indirizzata a persone di età superiore a 50 anni, momento in cui solitamente possono presentarsi le prime avvisaglie della malattia.

A partire dal 22 gennaio, per usufruire dello screening gratuito, è sufficiente prenotare la propria visita sul sito www.maculopatie.com scegliendo la struttura più vicina.

L’iniziativa nasce dai risultati di un’indagine demoscopica a livello nazionale commissionata da Buratto e Bandello secondo cui soltanto il 10 per cento degli italiani ha una conoscenza e una consapevolezza della gravità della maculopatia, sia essa dovuta alla degenerazione senile oppure al diabete.

Le maculopatie determinano, nel lungo periodo, una grave riduzione della capacità visiva e una severa distorsione della visione che possono gravemente alterare la qualità di vita del paziente, sino a condurlo alla cecità.

Nella sua forma iniziale, la malattia si presenta senza sintomi, ed è per questo indispensabile la sua diagnosi precoce.

«La maculopatia è un disturbo in aumento esponenziale – spiega Bandello – e in Italia vi sono ormai oltre 1.400.000 persone colpite. Ciò che pochi sanno è che la malattia si può fermare iniziando con un semplice esame, l’OCT, in grado di diagnosticarla subito. Ma è indispensabile sottoporsi a questo controllo prima che la maculopatia progredisca nella sua azione devastante».

«L’esame attraverso il quale viene diagnosticata la presenza della degenerazione maculare – conclude Buratto – non è invasivo, dura pochi minuti ed ha dimostrato un’efficacia diagnostica straordinaria: si tratta di una specie di TAC del bulbo oculare. L’apparecchiatura a disposizione, inoltre, è tra le più moderne e sofisticate che la ricerca scientifica abbia realizzato».

NOTIZIEMEDICHE.IT
Massimo Parravicini

Dalla sperimentazione sui pazienti un vaccino contro il tumore al fegato

Ci sono vaccini e vaccini. Quello sperimentato sull'uomo a Verona è attesa e speranza. All'ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar è stata avviata per la prima volta sull'uomo la sperimentazione di un farmaco innovativo contro il tumore al fegato.

 

Un antidoto che potrebbe bloccare il male, il vaccino infatti servirebbe a indurre una risposta immunitaria tale da ritardare il ripresentarsi del cancro o favorire un'ulteriore regressione dello stesso dopo il trattamento locale. Si tratta del vaccino IMA970A, specifico contro l'epatocarcinoma, tumore maligno temutissimo e tra i più frequenti che colpiscono il fegato. Lo scorso anno ha fatto registrare in Italia 13mila nuovi casi e che nel mondo ha un'incidenza di 750mila casi all'anno. Allo studio clinico di fase I e II Hepavac-101, finanziato dall'Unione Europea, partecipano numerosi centri europei. Per quanto riguarda l'Italia è coinvolto, oltre all'ospedale di Negrar (in collaborazione con l'Università dell'Insubria), anche l'Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli. Ma a chi è stata riservata la sperimentazione? La sperimentazione è riservata ai pazienti con epatocarcinoma in fase iniziale, che sono candidati ad un trattamento locale: intervento chirurgico, termoablazione o ablazione mediante radiofrequenza e microonde, chemioembolizzazione e radioembolizzazione. Nonostante questi trattamenti possano ottenere una distruzione del tessuto vitale del tumore, nel tempo la malattia è destinata a ripresentarsi o a peggiorare nella maggior parte dei casi, tanto che la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è del 20%. Da qui la necessità di trovare nuove opzioni terapeutiche. Scopo dello studio infatti è quello di valutare la tollerabilità del vaccino e verificare se questo, somministrato dopo la regressione della malattia ottenuta con il trattamento locale, è in grado di migliorare la prognosi e quindi di aumentare la sopravvivenza.

Il trattamento prevede una unica infusione endovenosa di una bassa dose di ciclofosfamide (un farmaco chemioterapico con funzione immuno-modulante). Dopo pochi giorni viene iniziata la vaccinazione vera e propria che consiste nella somministrazione intradermica (con ago sottile, a livello della cute del braccio) sia del vaccino IMA970A che di una sostanza adiuvante (che serve cioè a potenziare l'immunogenicità del vaccino e che contiene RNA). Sono previste 9 somministrazioni totali intradermiche del vaccino: le prime 4 vengono effettuate ogni settimana e le altre 5 ogni tre settimane.

La stessa sperimentazione è attiva anche in Germania, Spagna, Francia, Belgio e Gran Bretagna; tutti i centri europei coinvolti, compresi quelli italiani, fanno riferimento allo studio internazionale di fase I-II HEPAVAC-101, che è stato sviluppato proprio per valutare la tollerabilità e l'efficacia del nuovo vaccino.

IL GIORNALE.IT
Massimo Parravicini